Parlo ergo penso

Lo sapevi che la nostra visione del mondo dipende dalla lingua che abbiamo appreso alla nascita?

Ebbene si, il linguaggio è in grado di modellare i nostri atteggiamenti (disposizione verso qualcosa), le opinioni e i comportamenti, andando ad influire sull’architettura del nostro pensiero partendo dell’accento che ogni idioma pone sulle esperienze di vita.
Ma ad esercitare queste influenze è solo la lingua madre, come evidenziato da recenti studi in cui alcune persone, se interrogate in una seconda lingua, fornivano risposte con meno remore morali  ed etiche, perché impegnate nell’esprimersi in una lingua non automatica e perciò meno influenzata dalle emozioni a causa di un maggiore controllo cognitivo utile a inibire la madrelingua.

Perché i cinesi sono grandi risparmiatori?

Keith Chen ha scoperto che la mancanza di un tempo verbale preciso per indicare il futuro, nella lingua cinese, li porta a mettere da parte il 30% in più rispetto ai popoli che parlano un linguaggio più definito nel differenziare il presente dal futuro, percependolo perciò come più lontano, quindi meno motivante al risparmio.

Gli anglosassoni hanno un maggiore senso di giustizia?

Questo pare dipenda dal modo in cui gli inglesi affermano gli eventi: se un vaso si rompe, in inglese si sottende sempre la presenza (e quindi la responsabilità) di qualcuno, mentre in spagnolo, ad esempio, si tende a dire che il vaso si è rotto. Secondo alcuni proprio da questo dipende la maggiore tendenza anglosassone a punire chi trasgredisce le regole.

Altro discorso per i numeri

I numeri li pensiamo nella lingua primogenita e attivano parti del cervello differenti dal linguaggio e per questo richiedono maggiore controllo cognitivo. Non possedere parole per indicare i numeri, come accade per alcuni popoli dell’Amazzonia che usano solo termini come “pochi o tanti”, non permette loro di tenere conto di quantità esatte.